Il “giochetto” dello spread, i mercati “provano a condizionarci”, ci “puniscono”, “sono i poteri forti”. Le reazioni all’andamento di Piazza Affari e dello spread negli ultimi giorni sono state davvero tante. Ma di cosa parliamo quando usiamo il termine mercati finanziari?
La premessa è d’obbligo. Con questo post non si vuole per nessun motivo entrare nel dibattito politico, non è di nostra competenza. Quando però si tira in ballo un concetto che ci riguarda, come appunto quello di mercati finanziari, ci pare giusto mettere giù qualche considerazione.
Iniziamo con una definizione e prendiamo direttamente a prestito quella di Wikipedia:
“Il mercato finanziario, nel diritto dell’economia e nella finanza, rappresenta il luogo nel quale si realizzano le operazioni di contrattazione e scambio di strumenti finanziari di varia natura, a medio o lungo termine.”
Il mercato finanziario è un luogo, reale o virtuale, nel quale si scambiano strumenti finanziari. In un mercato ci saranno quindi degli operatori che, in maniera autonoma o su mandato di qualcuno, effettuano delle compravendite di strumenti quali azioni, obbligazioni, derivati, etf, fondi comuni, fondi pensione, valute, materie prime, etc.
Chi sono dunque questi operatori? Si annida forse nel loro novero il soggetto misterioso capace di punirci, di ricattarci o di interferire nelle faccende politiche nazionali? Chi opera nel mercato?
Ci sono sicuramente le grandi banche d’affari, i fondi sovrani, i private equity, le assicurazioni, i fondi speculativi, i gestori di fondi comuni d’investimento, i gestori di etf fino ad arrivare ai singoli investitori privati. Tutti questi (e i molti non elencati) operano sul mercato con un unico fine: gua-da-gna-re. Per farlo hanno sostanzialmente due modalità che potremmo definire in questo modo: investire sulla qualità, scommettere sul fallimento.
Gli operatori che investono sulla qualità vanno alla ricerca di strumenti finanziari e di emittenti che sappiano creare valore, crescere nel tempo e distribuire a coloro i quali hanno puntato su di loro un congruo rendimento. Un investitore punta su una determinata società perchè, analizzandola, pensa che il suo core business crescerà nel tempo, la considera ben gestita e perchè la sua situazione finanziaria è sostenibile. Allo stesso modo un investitore può scegliere di impiegare i suoi soldi per finanziare uno stato che offre buone prospettive di crescita futura, ha i conti in regola, è dotato di infrastrutture e investe nella ricerca e sviluppo.
Gli operatori che scommettono sul fallimento sono anche chiamati “speculatori”. Il loro orizzonte temporale è molto spesso di breve periodo. Identificano situazioni di crisi e scommettono sul loro peggioramento, notano uno stato in bilico e prefigurano un salto nel precipizio. Gli speculatori fondano le loro speranze di guadagno sul rischio elevato che si presenta in determinate situazioni, giocano spesso al rilancio e, se ben dimensionati, possono arrivare a stritolare la preda.
Ogni operatore economico che decida di farsi “valutare” dai mercati finanziari sa che si troverà di fronte entrambe le tipologie di operatore, qualitativi e speculatori, e sa che dovrà fare tutto il possibile perchè ad investire su di lui siano soprattutto i primi e non i secondi. Ma quello che ogni operatore sa bene – o dovrebbe sapere – è che l’unico valore che li spinge è la ricerca del profitto. Tutto ciò che potenzialmente crea valore li attira e tutto ciò che potenzialmente distrugge valore li allontana. Semplicemente.