Inflazione, rendimento reale e inflation linked bond

Seppur timidamente anche nell’eurozona l’inflazione comincia a risalire. Al di là dell’Oceano, negli USA, l’aumento dei prezzi al consumo ha convinto la Fed ad intervenire sui tassi di interesse. Inflazione e rendimento reale sono gli ingredienti principali di una tipologia di obbligazioni: le inflation linked bond.

L’inflazione misura l’andamento dei prezzi al consumo (cioè i prezzi pagati dal consumatore finale) di beni e servizi. Se l’inflazione sale significa che con 1 euro di oggi si compreranno meno beni domani; in altre parole il potere d’acquisto di 1 euro oggi è, in un contesto di prezzi crescenti, maggiore del potere d’aquisto domani.

Ne deriva che se metto 1000 euro sotto il materasso oggi, tra un anno – quando li tirerò fuori – avrò sempre 1000 euro ma ci potrò comprare meno cose di quelle che potrei acquistare oggi con la stessa cifra.  Per mantenere lo stesso potere di acquisto, ipotizzando un’inflazione all’1%, dovrei far rendere quei 1000 euro all’1%. Questo perchè tra un anno 1010 euro saranno l’equivalente (in termini reali) dei 1000 euro di oggi.

Quando valutiamo il rendimento di un investimento lo dovremmo sempre fare in termini reali, ossia sottraendo al profitto conseguito l’aumento dei prezzi al consumo. Esempio. Se ho investito 1000 euro 3 anni fa ed il rendimento ottenuto è del 3%, per sapere realmente quanto ho guadagnato dovrò scontare la perdita di potere d’acquisto subita in questo periodo (l’inflazione degli ultimi 3 anni). Se l’inflazione è cresciuta dell’1%, il mio rendimento reale sarà – all’incirca – del 2%.

Va da sé che rendimenti sotto al livello di inflazione determinano una riduzione del valore dell’investimento.

Le obbligazioni legate all’inflazione (inflation linked bond) sono sicuramente strumenti interessanti per investire tenendo conto dell’inflazione. Si tratta di una particolare tipologia di titoli obbligazionari che rivaluta sia le cedole che il capitale a scadenza, rispetto ad un determinato indice di prezzi. In questo modo il rendimento cedolare e l’eventuale differenza positiva tra prezzo di acquisto e prezzo di rimborso sono reali, già “puliti” dall’effetto inflattivo.

Nel corso della vita di un inflation linked bond potremmo attraversare momenti di crescita dei prezzi e momenti di calo dei prezzi. Cosa succede ai titoli in queste condizioni? In particolare è importante valutare cosa potrà accadere nel caso in cui il tasso di inflazione scende sotto al livello presente al momento della sottoscrizione od acquisto del titolo. L’effetto della deflazione si avvertirà soprattutto sulle cedole che, al limite, potranno diventare pari a zero.

La cedola è infatti calcolata moltiplicando il tasso cedolare ad un rapporto (index ratio) tra l’inflazione nel giorno in cui si calcola la cedola e l’inflazione al giorno di acquisto o sottoscrizione. In caso di calo dei prezzi questo rapporto diventa minore di uno e può tendere a 0.

Il capitale di rimborso può scendere al massimo a 100 (si dice che c’è un floor a 100). In definitiva possiamo dire che in caso di deflazione conserveremo il capitale iniziale ma avremo una riduzione consistente del rendimento reale.

L’oscillazione dei prezzi dipende, come per tutti i titoli obbligazionari, dal tasso di interesse. In questo caso, però, sarà il tasso di interesse reale ad influire sul titolo. Un aumento del tasso di interesse reale provocherà un abbassamento dei prezzi e viceversa. Come per tutti i titoli obbligazionari più è lontana la scadenza e maggiore sarà la duration (il livello di rischio) del titolo obbligazionario.

Quali sono gli inflation linked bond presenti sul mercato? Per quel che riguarda la zona euro i più famosi sono i titoli governativi francesi, gli OATi. Esistono, poi, titoli tedeschi (i BUND-ei) e spagnoli. Lo stato italiano emette i BTPi ed i famosi BTP Italia (i primi indicizzati all’inflazione europea, i secondi a quella italiana).

Torneremo a breve sull’argomento per capire se e quando conviene questa tipologia di titoli.

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