Banche Venete, fine della storia

Sta volgendo al termine la lunga e triste storia delle Banche Venete. Con l’ok della BCE all’avvio della liquidazione coatta amministrativa dei due istituti si chiude un calvario che rischia di lasciare strascichi pesantissimi anche dal punto di vista occupazionale.

Quello che succederà ora rispecchierà per molti versi il modello MPS. Si, quindi, ad un intervento da parte dello stato con l’adozione di misure in grado di consentire la prosecuzione dell’attività bancaria (il decreto è previsto già nella giornata di oggi).  La soluzione avrà come conseguenza l’adozione del burden sharing e apre la strada alla vendita simbolica delle attività di Popolare Vicenza e Veneto Banca al gruppo Intesa.

Cosa significa tutto ciò per i risparmiatori? In primis occorre dire che non vi sono rischi per i correntisti e, stando alle dichiarazioni ufficiali, nemmeno per gli obbligazionisti senior. A vedere a rischio i propri investimenti saranno gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati.  Il meccanismo dovrebbe sostanzialmente prevedere la separazione tra le attività della banca – che verranno acquisite da Intesa – e le passività composte da NPL, crediti deteriorati e crediti in bonis ma ad alto rischio. Le passività, circa 2o miliardi di euro, formeranno la famigerata bad bank che riceverà, poi, il grosso dell’aiuto statale.

Per inciso: l’avvio della procedura sulle Banche Venete e la presentazione, a breve, del piano di  MPS dovrebbero – entro poche settimane – portare all’emanazione dei decreti con i quali si saprà finalmente cosa succederà ai risparmiatori rimasti impigliati nella rete del burden sharing di MPS.

Per le Bance Venete occorrerà un po’ di tempo in più ed i nodi da sciogliere saranno diversi, tra questi la questione occupazionale, con oltre 4mila esuberi stimati dalla BCE ed il tema dei rimborsi ai correntisti truffati.

Come avrete facilmente intuito, alla fine, il costo dell’operazione ricadrà sulla collettività attraverso l’utilizzo del fondo di 20 miliardi di euro già autorizzato dal parlamento. Non scatterà, quindi, il bail in e per certi versi si tratta di una conferma del fallimento di questo meccanismo strutturato male e che, con il suo effetto panico, ha indebolito ulteriormente i già precari bilanci delle banche coinvolte.

 

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