Banche. Indietro non si torni, ma il bail in va cambiato

A leggere i numeri di queste prime settimane borsistiche del 2016 emerge chiaramente che il bail in, agli investitori, non piace. Ma sospenderlo per tornare agli aiuti di stato potrebbe essere una toppa peggiore del buco.Banca, salve te stessa. Se volessimo condensare in uno slogan il contenuto del bail in potremmo incresciosamente parafrasare il detto bibblico. La sostanza del bail in sta nel taglio definitivo del cordone ombelicale che da sempre lega il sistema bancario al sistema istituzionale di un paese.  Se una banca va in crisi si deve salvare da sola, attingendo prima al capitale di rischio (azioni), poi ai creditori secondari ed infine, se necessario, anche al capitale dei correntisti (per la parte oltre i 100.000 euro per intestatario di conto).

Il mercato ha sonoramente bocciato questa impostazione. Nei fatti ha generato una ondata di sfiducia che, in alcuni casi, e sfociata in attacchi di panico. Il bail in, così come impostato, rischia di aggravare la situazione patrimoniale di una banca in crisi. Nessun correntista è disposto a risanare con in propri soldi una banca alla quale, da contratto, ha solo chiesto il deposito delle proprie somme. La chiusura, o la drastica diminuzione, dei depositi crea ulteriori criticità nei bilanci della banca ed eventuali azioni forzose (blocco dei conti) genererebbe effetti deleteri sull’intero sistema, creando un generale abbassamento dei depositi ed un ulteriore crollo della fiducia degli istituti di credito. E davvero a poco serve specificare che i conti correnti vengono utilizzati solo come ultima opzione nel corso di un salvataggio di una banca in crisi, per i risparmiatori la percezione sarà quella di essere in prima linea, al pari degli altri.

E’ tutto sbagliato? Occorre cancellare il bail in e tornare agli aiuti di stato? No, non è tutto sbagliato e, men che meno, si deve ritornare agli aiuti di stato, per lo meno così come li abbiamo visti sino ad ora.

L’impressione è che il bail in sia una bellissima aerodinamica calata  su una macchina sgangheratissima: per quanto bello, veloce, prestante possa essere, se il motore non regge si finisce per fallire. Ed il motore delle banche è ingolfato da una montagna di crediti in sofferenza, titoli di stato traballanti e derivati. I tassi molto bassi hanno costretto moltre strutture finanziare a virare su strumenti più rischiosi per portare a casa dei rendimenti, e molte banche sono ricorse a strumenti rischiosi per finanziarsi.

Non dobbiamo dimeticare un altro fattore determinante in questo quadro. Continuando ad usare la metafora motoristica possiamo dire che le banche oggi sono macchine da endurance usate in gare di velocità pura. La commistione tra banche commerciali e banche d’affari continua a reggere il sistema e lo rende debole.

Tornare indietro all’aiuto di stato non risistemando completamente il sistema bancario non ha alcun senso e finirebbe solo per dare in pasto alla speculazione ulteriori montagne di soldi del contribuente. Cosa si potrebbe fare allora? Ripulire le banche dai crediti sporchi, dividere nettamente tra banche commerciali (quelle che trattano i risparmi dei cittadini) e banche d’affari (che si occupano di attività evulute di investimento). Riconoscendo un valore sociale nell’attività delle banche commerciali si potrebbe più facilmente prevedere un sistema di difesa statale per questa fattispecie di istituti proteggendo i correntisti e lasciando il bail-in completo solo alle banche d’affari.

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