Petrolio, non c’è pace per l’oro nero

Continuano le vicende, finaziare e politiche, legate al petrolio. Mentre il prezzo continua a traballare sul filo dei 30 dollari al barile, molti intravedono nel greggio un’arma di destabilizzazione politica. Gli attori in gioco sono tanti, i soldi in ballo pure.Non più di qualche settimana fa il ministro nigeriano per il petrolio  era sbottato, la politica dell’Arabia Saudita è durata anche troppo a lungo, urge un incontro dell’OPEC. Da Mosca c’era stata l’apertura ad una possibile riduzione della produzione di un 5% giornaliero. Il prezzo del petrolio, scosso da queste notizie, si era rapidamente riportato attorno ai 35 dollari al barile. Poi, poi il nulla. Il silenzio rumorosissimo dell’Arabia Saudita e dei suoi stretti partners ha chiuso, per il momento, ogni possibilità di ridurre la produzione per risollevare le quotazioni e ridare fiato ad economie iper dipendenti dall’export del greggio.

L’Arabia Saudita, dal canto suo, prosegue sulla via del tanto peggio, tanto meglio. Si prepara ad entrare nel mercato del debito con una storica emissione obbligazionaria e procede con i suoi piani di privatizzazione.

Una nota di colore arriva dal Venezuela, altro paese in grave crisi, la cui compagnia petrolifera PDVSA ha deciso di attuare un taglio dei costi per arginare la perdita di redditività dovuta al basso prezzo del greggio. A farne le spese anche il pilota di F1 Pastor Maldonado che si è visto togliere un lauto finanziamento e, di conseguenze,  pure il volante della sua Renault.

Negli USA, oltre alla crisi da alti costi di produzione dello shale oil, ci si mettono anche le politiche green dell’amministrazione Obama. Si parla di una tassa sul combustibile fossile per finanziare la ricerca e la messa a punto di nuove fonti di energia, rinnovabili e pulite.

Insomma, l’era post-industriale sembra voler approfittare della situazione per liberarsi dalla dipendenza dal petrolio. Per il momento questa è solo una suggestione, tanto è vero che molti analisti sono pronti a scommettere che nei prossimi mesi le cose cambieranno significativamente.

Il ritorno sul mercato di un colosso come l’Iran può decisamente cambiare il destino del petrolio e modificare gli equilibri all’interno dell’OPEC.

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